Browsing articles from Tag: “Milano”


  • , , , , ,

    Zucchi Fashion Home, il tessile che espande gli orizzonti

    Un tradizionale negozio di lenzuola e biancheria per la casa è comunque un punto di riferimento per chi si dedica spesso a cambi di stile e design: ed il marchio Zucchi, leader in italia nel settore tessile, è sempre stato uno degli “immancabili” nella nostra storia.

    Adesso Zucchi ha voluto adeguarsi ai tempi e diversificare la sua offerta, per proporsi sul mercato con un aspetto ancora più fresco e dinamico: con questi intenti è nato Zucchi Fashion Home, marchio che allarga gli orizzonti e punta ad arredare tutta la casa con la collaborazione con giovani interior designer e mobilifici.
    Di conseguenza, per poter esporre una simile collezione, Zucchi ha dovuto aprire un nuovo flagship store di metratura adeguata, come accaduto a Milano in Corso Genova, un punto vendita che è anche luogo di aggregazione, di ritrovo, e di sperimentazione. In esso trovano spazio mobili in legno realizzati con sapienti competenze di alta falegnameria, come il letto Felicino firmato da Plinio il Giovane, vero protagonista, naturalmente “vestito” con i tessuti Zucchi.

    La vera particolarità di questa boutique sta nella contemporanea presenza di tutto il nuovo corso Zucchi e degli elementi che compongono il suo background storico: al piano superiore sono infatti esposti, come in un piccolo museo, alcuni blocchi in legno utilizzati negli anni per la stampa manuale delle fantasie sui prodotti tessili.
    Tutti provengono dal Museo Storico Zucchi, installazione che esalta il Made in Italy che ha anche ricevuto il Premio Gugenheim Impresa e Cultura!

    Condividi su:
  • , , , ,

    Un prezioso workshop artigianale

    Quando si concentra la propria produzione su collezioni di lusso ma totalmente artigianali, come nel caso del marchio Fontana Milano 1915, ci si può anche discostare, nello stabilire la propria boutique, dal canonico quadrilatero della moda.
    Ed a quel punto ci si può sbizzarrire, disponendo di un edificio di 3 piani, nell’allestire un atelier che è anche un workshop, posizionandolo nel cortile ed a stretto contatto con uffici e laboratori di design.
    Fontana ha voluto mettere tutti a contatto: i clienti, gli stilisti e gli artigiani, permettendo ai primi di assistere alla lavorazione e di scegliere in tempo reale la customizzazione della propria borsa come manufatto unico.

    Il contesto è quindi irripetibile, anche perché per arredarlo sono stati scelti materiali altrettanto pregiati di quelli necessari per le borse, con toni caldi ed equilibri tra forme e volumi.
    Un design ricercato dove l’inventiva è assoluta protagonista per definire un concept del tutto in linea con l’identità della maison, e che è stato realizzato dall’interior designer Silvia Massa equilibrando colori e trasparenze in un progetto ambiziono ed anomalo la cui visita ci sentiamo di consigliare a tutti, per regalarsi un’incursione in uno shopping milanese meno convenzionale e più eclettico.

    Ciò che amiamo del marchio Fontana 1915 è proprio l’imperfezione delle sue splendide borse, perchè testimonia che sono opere lavorate dall’uomo con passione.

    Condividi su:
  • , , , , ,

    Da Weitzman il trionfo dell’architettura fluida

    Rendere un marchio inequivocabilmente riconoscibile anche sfruttando elementi o concetti comuni all’interno degli store monomarca è uno dei più redditizi stratagemmi non solo in fatto di vendite, fattore di certo preponderante quanto a rilevanza, ma anche per ottenere consensi e cospicui ritorni d’immagine fondamentali per l’autorevolezza del marchio.
    Così, collegare indissolubilmente un determinato concept ai propri store oltre che ai prodotti è diventato l’obiettivo anche dello stilista Stuart Weitzman, che per il suo store di Milano si è affidato alle sapienti mani e matite dell’architetto/designer forse più creativo e famoso tra le nuove leve, almeno considerando coloro che risentono degli influssi e dei richiami del Mediterraneo, come Zaha Hadid.

    L’alta moda è infatti sempre più connessa alle star dell’architettura, quelle che posseggono le necessarie chiavi di interpretazione per fondere funzionalità ed estetica con risultati sorprendenti, come questo concept in cui si ritrovano elementi peculiari che saranno riprodotti nelle successive boutique un po’ in tutto il mondo, portando anche in altri continenti gli elementi di arredo negozi dai contorni fluidi e che sembrano quasi liquidi pensati da Hadid.
    I materiali scelti sono i più all’avanguardia, ed ammantano tutto l’ambiente di un’atmosfera hi-tech, fatta di display che si trasformano in sedute e di una serie di moduli interscambiabili il cui scopo è proprio essere adattabili a tutte le sedi.

    Gli interni di pregio sono così suddivisi in tante sezioni dalle linee morbide, tutte perfette per incarnare lo stile di Weitzman e dei suoi seducenti stivali, 280 metri quadri in cui materia e geometria si fondono in un trionfo di ergonomia architettonica.

    Condividi su:
  • Le conquiste dei designer di gioielli

    Il mondo del design ha operato nel tempo una sorta di “ghettizzazione” di accessori ritenuti solo superflui ornamenti quali i gioielli: la loro stessa natura di leziosi orpelli non li faceva considerare all’altezza delle vette di un design che voleva contribuire a rendere la vita più comoda esaltando la funzionalità di oggetti scaturiti dalla creatività.

    Nel tempo tuttavia il design dei gioielli ha saputo sdoganarsi da una simile visione a dir poco ristretta, conquistandosi sempre maggiori spazi e rilevanza di portata accademica, senza esagerazioni. Al Politecnico di Milano è infatti presente la cattedra di Design del gioiello, retta da Alba Cappellieri la quale ha curato la speciale mostra in Triennale, Il design italiano incontra il gioiello, tenutasi presso il Design Museum di Milano dal 2 luglio all’8 settembre.
    La più ricca ed importante mostra mai allestita sul tema, che ha ripercorso attraverso le opere di ben 72 artisti tutti gli ultimi 60 anni di storia del gioiello “Designed in Italy“.

    Si è trattato di un vero catalogo, quasi un censimento che ha permesso un resoconto del settore ma non ha trascurato l’aspetto legato al futuro di questa attività: numerose opere inedite sono state commissionate a giovani progettisti, per gettare uno sguardo anche sul design che verrà, quello che non si può definire a prescindere utile o inutile perché spesso può anche assumere un ruolo ispiratore per altre manifatture.

    Condividi su:
  • , , , ,

    Design di qualità per Pantone Universe

    Inaugurare dei concept store sembra essere diventata un po’ la moda del momento per alcuni marchi più “trendy“, e la loro diffusione non si limita a negozi di abbigliamento o di accessori in genere: abbiamo scoperto che sta abbracciando ogni tipo di categoria merceologica.

    Quello di cui vi parliamo oggi è però davvero un negozio speciale, e non solo perché è il primo che Pantone dedica in Italia al commercio al dettaglio di tutta la sua gamma di prodotti. All’interno di Pantone Universe trovano così spazio tutti gli articoli dedicati alla creatività ed alle belle arti, pensati per designer professionisti ma anche per chi ama dare semplicemente sfogo alla propria creatività, ma c’è spazio per tantissimi altri articoli personalizzati da Pantone per portare note di brillante colore nella vita di tutti i giorni.
    Gadget come le mug da collezione, articoli di cancelleria, o ancora le cover per gli smartphone e le sedie per bimbi, fino ad arrivare ai capi di abbigliamento.

    Un marchio così iconico e che punta sui colori in tutte le loro sfumature, principale tratto caratteristico di Pantone, non poteva che richiedere uno shop fitting dal design contemporaneo e lineare che riuscisse proprio a rendere i colori veri protagonisti dell’ambiente.
    Il designer Luca Trazzi si è in primo luogo reso conto della necessità di una grande luminosità, ottenuta con luci a LED molto intense; queste ultime lavorano alla perfezione combinate con il bianco, che predomina in tutto l’ambiente, per valorizzare al massimo la percezione dei colori da parte dei clienti.
    Un contributo non da poco viene dalla speciale lavorazione cui sono state sottoposte le superfici, le quali sono iridescenti.

    La filosofia di Pantone è rispettata alla lettera: fateci un salto, se vi trovate in zona Brera a Milano, potrete così rendervene conto con i vostri occhi!

    Condividi su:
  • , , , ,

    Quando Bracciodiferro sfidò il design

    Scardinare la logica del design e dell’arredamento di interni può sembrare un’attività di gran moda nel terzo millennio, stante la continua proposta di pezzi unici artigianali ed a volte sperimentali, tuttavia una mostra itinerante che ha avuto una sua prima tappa a Milano presso la Biblioteca di Santa Maria Incoronata vuole ricordarci che già negli anni ’70 un gruppo di creativi italiani ebbe delle idee di questo tenore, mettendo insieme le loro capacità per fondare l’azienda Bracciodiferro.
    Gaetano Pesce e Cesare Cassina furono tra i soci fondatori, mentre Alessandro Mendini aggiunse in un secondo momento i suoi contributi.

    Il concetto di partenza era semplice, si volevano realizzare oggetti che fossero stabili ed immutabili e che restituissero il principio di durevolezza nel tempo, realizzandoli quindi con materiali pesanti e resistenti.
    Scopo degli oggetti realizzati non è mai stato quello di assolvere specifiche funzioni, ma molto più prosaicamente l’intento era quello di spiazzare e fare soltanto scena. La negazione assoluta del “Form Follows Function” quindi, con la creazione di progetti di finto arredo o se si vuole di non-arredo: tutti concetti esplicitati chiaramente anche nei comunicati stampa dell’epoca, raccolti e riproposti insieme ad un imponente repertorio fotografico nel catalogo della mostra itinerante edito da Silvana.

    È la prima volta che tale arredo scenico viene raccolto in una esposizione aperta al pubblico, e la decontestualizzazione dei singoli oggetti posti negli ambienti col chiaro intento di sconvolgerli è felicemente riassunta dalla lampada Moloch, eletta manifesto iconico di tutta la mostra. È infatti semplice intuire la sensazione di spiazzamento di chi si trovi di fronte una struttura che, ricalcata sulle forme una lampada da tavolo, è però di dimensioni colossali come suggerisce il nome stesso; ma anche elementi come la scrivania Arca o la serie di tavoli e sedute Golgotha, con i loro dichiarati riferimenti al vecchio testamento, vogliono risvegliare un senso di pathos suggerendo un uso spirituale e non materiale dell’oggetto stesso.
    Non si può poi dimenticare il tavolino Voragine di Mendini, con la sua crepa che lo rende inutilizzabile ma che spara davanti agli occhi l’idea delal rottura della crosta terrestre.

    Più che di design, ci sembra quasi di parlare  di installazioni di arte contemporanea, in cui il concetto che l’opera vuole suggerire è più importante dell’opera stessa o della sua bellezza; sta di fatto che uno dei padri del progetto Bracciodiferro, Cesare Cassina, è attivo ancor oggi nel settore dell’architettura d’interni con la sua ben nota azienda, e siamo certi che tante idee fortunate alle quali è pervenuto ai giorni d’oggi gettino le radici in questi prodotti di test degli anni ’70.

    Condividi su:
  • , , ,

    Nell’Hangar Bicocca l’arte trova terreno fertile

    Milano è stata nei decenni importantissima sede per i movimenti artistici di avanguardia comprendenti tutte le forme figurative, basti pensare allo spazialismo di Lucio Fontana, il quale incredibilmente non ha un luogo espositivo in città univocamente dedicato alle sue opere.

    Sotto questo aspetto Roma, con il suo grande Museo di Arte Contemporanea, si pone ancora alcuni passi avanti rispetto al capoluogo lombardo, tuttavia esistono delle installazioni a Milano che fanno ben sperare in prospettiva futura.
    Una di queste è l’Hangar Bicocca, ricavato all’interno delle ex officine della Ansaldo Breda tramite un processo di conversione finanziato in parte anche dalla Pirelli.

    L’Hangar, realizzato nel 2004, si propone come luogo dedicato alla produzione e promozione dell’arte contemporanea e si fregia di una installazione del tutto fuori dal comune, chiamata “Le Sette Torri Celesti“.
    Il numero 7 è importantissimo nella mistica e nella cultura ebraica, alla quale l’autore Anselm Kiefer si è ispirato per un’opera che vuole rappresentare un simbolico viaggio di iniziazione spirituale.
    Queste torri, altre tra i 14 ed i 18 metri, riportano volutamente i segni di un luogo violentemente disastrato essendo state messe in piedi utilizzando elementi residuali.

    All’interno dell’Hangar, vero spazio di interscambio culturale e sociale, sono presenti, oltre ad un immancabile bistrot, numerosi laboratori ed un’area polifunzionale i cui lodevoli fini culturali possono guidare ad interessanti riflessioni su tutte le tematiche architettoniche suggerite.

    Condividi su: