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    Superleggera di Giò Ponti compie 60 anni

    Ha saputo attraversare i decenni e le generazioni, giungendo a noi pressoché invariata nelle sue linee: è un prodotto di architettura domestica mobile opera del genio di Giò Ponti, designer ed architetto che con la sua sedia Superleggera ha riscritto i canoni della modernità!

    Ispirazione per questo capolavoro di tecnica ed armonia è stata la tradizionale sedia ligure chiamata “Chiavarina“: Ponti voleva raggiungere le stesse vette di maneggevolezza ed essenzialità in una sedia alla portata di tutti, inseribile in qualsiasi contesto, e che fosse funzionale perché impilabile e leggera come una piuma.
    Le sue linee, ancora oggi protagoniste del catalogo di arredi moderni Cassina, non invecchiano mai, e ne hanno fatto un evergreen dell’arredamento.

    Incastri e linee essenziali

    Il suo telaio è in legno di frassino a sezione triangolare, più volte ridisegnato fino ad arrivare alla versione definitiva del 1957; la seduta è invece in canna indiana, per una sedia che si mantiene fedele al modello artigianale che l’ha ispirata ma che al tempo stesso per lo studio tecnico dei suoi incastri e per l’elevata qualità realizzativa che ne assicura durata e stabilità mantiene ancora oggi intatto il suo ruolo di proposta adatta a tutte le stagioni ed a qualsiasi scenario.

    Giò Ponti, negli anni ’50, non ha badato a formalismi eliminando dal suo progetto qualsiasi possibile manierismo: Superleggera doveva essere semplicemente una sedia, una normale sedia senza stranezze che fosse in grado di arredare le case dell’epoca ai costi contenuti che si rendevano necessari per le ristrettezze del secondo dopoguerra.

    Lo è ancora, ma aver attraversato indenne le scuole di pensiero e le tendenze del design l’ha trasformata anche in una delle più influenti icone del design industriale all’italiana!

     

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    Vi invitiamo alla più eterogenea delle rassegne d’arredo!

    La parola mercatone ti fa specie, perché suscita in te l’idea di un gran bailamme di articoli di scarso pregio messi lì alla rinfusa solo per attirare quante più persone possibile, allettandoli con varietà di proposte ma anche con prezzi stracciatissimi?

    Probabilmente hai ragione a pensarla così, e non sei affatto lontano dal senso intrinseco che tante altre persone dai gusti più raffinati ed esigenti in fatto di interior design attribuiscono a questo termine. Il titolo del nostro articolo di oggi è una voluta e dichiarata provocazione, siamo qui per la sfida: dimostrare che è possibile mettere insieme oggetti di design, ma anche elementi e complementi di arredo che non hanno nulla in comune in fatto di stile o ispirazione, ma nemmeno come contesto di destinazione.
    Unica singola caratteristica posseduta da ciascuno di essi è l’alta qualità realizzativa, che li pone tutti sullo stesso piano, quello di un design creativo e mai banale, attento a distinguersi e capace di catturare gli sguardi.

    Lo sgabello Caprice di Philippe Starck

    Iniziamo con un “mostro sacro” del design e con un oggetto forse non troppo comune nelle case ma secondo noi un po’ sottovalutato. Philippe Starck è stato in grado di esprimersi al top delle sue infinite e poliedriche capacità con lo sgabello Caprice, che ci ha affascinati fin dal primo sguardo con le sue linee poco convenzionali.
    Fa parte di una collezione molto più ampia di sedute di cui costituisce la naturale estensione, ed è in origine stato concepito come naturale complemento di un ambiente di lavoro, tuttavia i confini tra vita ed ambito professionale tendono ad assottigliarsi sempre di più, ed ecco perché lo sgabello Caprice non ci appare affatto fuori luogo se inserito un un contesto di convivialità.

    Una classica base a stelo in alluminio mat è sormontata da una comoda seduta rivestita in tessuto, disponibile in numerose tonalità.
    Ad accrescere la pratica ergonomia di questo progetto inserito nel catalogo di Cassina, Stack ha previsto il poggiapiedi cromato ed un meccanismo automatico che va a posizionare sempre la seduta nella direzione corretta rispetto ad esso. Una silhouette scarna, eppure estremamente incisiva, come spesso accade per i progetti di Philippe Starck che ha sempre come primo obiettivo rendere più comoda la vita con oggetti “asserviti” alle esigenze dell’uomo.

    Madia Easy – Cappellini Design

    Il secondo progetto dell’odierno “bazar” di design di alta scuola che stiamo componendo oggi è firmato da Cappellini ed ha anch’esso un DNA fatto di estrema sobrietà. Si tratta della madia Easy, rigorosissima nelle sue forme squadrate ed estremamente versatile per inserirsi con successo nella moderna filosofia dell’abitare e dell’arredamento, perché è un complemento eclettico ed è un contenitore multifunzione. La gamma è molto ampia, ben 20 sono le diverse combinazioni possibili scegliendo in primis le misure e poi orientandosi sulla distribuzione di ante, vani a giorno oppure cassetti, in base all’uso cui si intende destinarla.

    Una madia della linea Easy è estremamente leggera alla vista, e può assumere qualsiasi look si desideri anche per le diverse laccature, i top proposti in cristallo, marmo o legno.
    L’intento di “passare inosservata” è accentuato dai sottilissimi piedini in metallo che la sostengono, quasi nascosti sotto la struttura!

    Libreria Giotto di Cattelan Italia

    Particolarissima e stilizzata agli estremi è poi l’impatto scenografico della libreria Giotto, su design di Andrea Lucatello. Una struttura funzionale e versatile che Cattelan Italia propone nel suo catalogo perché sia inserita, con discrezione, in qualsiasi spazio anche non living, perché è molto disinvolta con il suo aspetto a cavalletto – assi portanti in noce massello – ed i robusti ripiani verniciati, che possono ospitare qualsiasi cosa, non solo libri. È un complemento d’arredo che nasce quasi con il criterio della sottrazione e che quasi non si fa notare, per esprimere un concept di arredo sobrio che però lascia il segno!

    Madia Alambra di Rimadesio

    Per l’ultimo complemento di arredo abbiamo oggi scelto una particolare configurazione di un mobile contenitore per la zona giorno di Rimadesio. In ossequio alla sua tradizione affermatissima nell’ambito delle pareti divisorie e delle porte scorrevoli dell’azienda, Alambra è un sistema di madie perfetto per integrarsi con esse nella sua versione più alta, perché è totalmente componibile a partire da una struttura molto ariosa con sottilissimi profili in alluminio ed ampi vetri integrata anche da un sistema di illuminazione a LED interno.

    Qualsiasi oggetto riposto al suo interno ne risulterà valorizzato: il classico formale del mobile contenitore è rispettato, anche se l’estro creativo di Giuseppe Bavuso l’ha elevato, con i canoni della sua interpretazione stilistica, verso una geometria essenziale come quella oggi più in voga.

     

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    La poltrona che alleggerisce le forme

    Nel lontano 1962, oltre 50 anni fa, il designer italiano Franco Albini curò, insieme ad un gruppo di fidati collaboratori, l’allestimento grafico e di segnaletica per la MM1, la linea 1 della Metropolitana di Milano. Quella particolare scomposizione delle forme, che nasceva proprio per alleggerirle in maniera rigorosamente analitica, ricorre ancora oggi nei tubolari che compongono l’ossatura di Tre Pezzi, una seduta che è molto di più di una semplice poltrona.

    Con essa infatti Albini ha proposto una rilettura in chiave postmoderna della classica bergère, scomponendone e “scarnificandone” la struttura con la rimozione di tutto il superfluo. Ciò che è rimasto è un elemento di arredo dalla nitida geometria, pezzi a sé stanti ma ciascuno con una sua funzione ben definita (la seduta, morbida e profonda; il poggiaschiena, avvolgente e confortevole; ed il poggiatesta a mezzaluna).
    Il tutto per enfatizzare i concetti sia estetici che funzionali dell’intero progetto, per una poltrona la cui presenza scenica è sbalorditiva.

    Un design asciutto ed essenziale ma non per questo meno confortevole, che il marchio di arredamento Cassina ripropone oggi nel suo catalogo all’interno della collezione “I Maestri“, per testimoniare il valore di una seduta mitica ed ancora attuale, ed omaggiare il nome ed il genio di un designer del quale detiene ancor oggi i diritti.

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    Cassina, firma che coniuga estro e serialità

    La cultura industriale e quella delle lavorazioni artigianali contraddistinguono il nome dell’Italia in tutto il mondo, per la vitalità di aziende come Cassina, che esporta interior design dallo stile tutto tricolore.
    L’azienda di Cesare Cassina ha sempre privilegiato e valorizzato la cultura del progetto, realizzando prodotti di gran gusto estetico ed armonico figli di scelte industriali e non solo fatte sui materiali, sulle tecnologie, sulle architetture, e non si è mai sottratta alle collaborazioni ed alle contaminazioni.

    Un esempio viene dall’accordo stipulato negli anni ’60 con gli eredi del grande architetto Le Corbusier, accordo con il quale si sono raggiunte vette fondamentali per il design italiano.
    Tale operazione fu suggerita a Cassina da Dino Gavina, imprenditore e collezionista il cui mecenatismo nel settore ha favorito la nascita di marchi come Simon.
    Adesso Cassina ha acquistato proprio questo marchio, assorbendo così nella propria collezione progetti in grado di fondere unicità dei pezzi e loro produzione seriale, lavorati con l’ausilio della meccanica industriale senza per questo tradire i principi della lavorazione artigianale.

    Simon raccoglie numerose firme di spicco del design industriale, con una potenzialità pressoché infinita. Questi oggetti con i quali le rette parallele e solo apparentemente inconciliabili dell’opificio e dell’estetica riescono a trovare un vero punto di incontro, con un gusto tutto italiano, sono visibili nei loro allestimenti e sul sito Simon.

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    Quando Bracciodiferro sfidò il design

    Scardinare la logica del design e dell’arredamento di interni può sembrare un’attività di gran moda nel terzo millennio, stante la continua proposta di pezzi unici artigianali ed a volte sperimentali, tuttavia una mostra itinerante che ha avuto una sua prima tappa a Milano presso la Biblioteca di Santa Maria Incoronata vuole ricordarci che già negli anni ’70 un gruppo di creativi italiani ebbe delle idee di questo tenore, mettendo insieme le loro capacità per fondare l’azienda Bracciodiferro.
    Gaetano Pesce e Cesare Cassina furono tra i soci fondatori, mentre Alessandro Mendini aggiunse in un secondo momento i suoi contributi.

    Il concetto di partenza era semplice, si volevano realizzare oggetti che fossero stabili ed immutabili e che restituissero il principio di durevolezza nel tempo, realizzandoli quindi con materiali pesanti e resistenti.
    Scopo degli oggetti realizzati non è mai stato quello di assolvere specifiche funzioni, ma molto più prosaicamente l’intento era quello di spiazzare e fare soltanto scena. La negazione assoluta del “Form Follows Function” quindi, con la creazione di progetti di finto arredo o se si vuole di non-arredo: tutti concetti esplicitati chiaramente anche nei comunicati stampa dell’epoca, raccolti e riproposti insieme ad un imponente repertorio fotografico nel catalogo della mostra itinerante edito da Silvana.

    È la prima volta che tale arredo scenico viene raccolto in una esposizione aperta al pubblico, e la decontestualizzazione dei singoli oggetti posti negli ambienti col chiaro intento di sconvolgerli è felicemente riassunta dalla lampada Moloch, eletta manifesto iconico di tutta la mostra. È infatti semplice intuire la sensazione di spiazzamento di chi si trovi di fronte una struttura che, ricalcata sulle forme una lampada da tavolo, è però di dimensioni colossali come suggerisce il nome stesso; ma anche elementi come la scrivania Arca o la serie di tavoli e sedute Golgotha, con i loro dichiarati riferimenti al vecchio testamento, vogliono risvegliare un senso di pathos suggerendo un uso spirituale e non materiale dell’oggetto stesso.
    Non si può poi dimenticare il tavolino Voragine di Mendini, con la sua crepa che lo rende inutilizzabile ma che spara davanti agli occhi l’idea delal rottura della crosta terrestre.

    Più che di design, ci sembra quasi di parlare  di installazioni di arte contemporanea, in cui il concetto che l’opera vuole suggerire è più importante dell’opera stessa o della sua bellezza; sta di fatto che uno dei padri del progetto Bracciodiferro, Cesare Cassina, è attivo ancor oggi nel settore dell’architettura d’interni con la sua ben nota azienda, e siamo certi che tante idee fortunate alle quali è pervenuto ai giorni d’oggi gettino le radici in questi prodotti di test degli anni ’70.

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    Philippe Starck ed il relax tecnologico

     

    Torna protagonista dei nostri articoli Philippe Starck, designer tra i più creativi in circolazione le cui opere non smettono mai di stupirci.
    La vetrina del Salone del Mobile di Milano è l’ideale per conoscere MyWorld, geniale quanto pratico sistema di sedute combinate con contenitori che il designer ha realizzato per la collezione Cassina.

    I pezzi che la compongono sono un divano, una chaise-longue ed una poltrona, oltre ad un pouf: tutti hanno la particolarità di essere corredati da piani d’appoggio, contenitori e cassetti, per essere delle autentiche postazioni in cui rilassarsi senza per questo rinunciare ad altre attività anche legate a supporti tecnologici.
    Il sistema infatti mette a disposizione una stazione elettrica per il caricamento, una porta USB sempre con la stessa funzione e addirittura una soluzione wireless Duracell Powermat: energia elettrica senza fili.

    C’è tutto il gusto per il design di Starck in questi elementi, sia negli accessori che li corredano che nelle linee per i rivestimenti e le cuciture: i cuscini in piume sono disponibili in tessuto o pelle, per un relax assoluto da godersi in una living station.

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