Apporre la propria "firma" sulle proprie opere architettoniche sembra essere diventata una sorta di deprecabile moda da parte di alcuni progettisti, i quali puntano a lasciare un segno riconoscibile del proprio stile, caratteristica che secondo noi è più ascrivibile alle griffe dell'alta moda.
Resistono però delle sacche di "responsabilità" anche tra le nuove leve dell'architettura, che preferiscono valorizzare le vere ragioni alla base di un progetto, in primo luogo la sua capacità di essere in sintonia con lo spazio circostante. Ed è un piacere quando simili personalità vengono riconosciute e premiate e sono italiane!
È il caso dello Studio Tamassociati di Venezia, insignito del premio Aga Khan per l'architettura per l'ospedale di Khartoum in Sudan, commissionato da Emergency.
I 3 progettisti coinvolti sono partiti da un criterio basilare, l'eco-compatibilità, ed hanno dovuto fare i conti con le risorse energetiche della zona per mettere in piedi un ospedale che fosse il più possibile autosufficiente, e che rispettasse un territorio già ampiamente disastrato.
Tutti i materiali provengono dall'area circostante, la fibra vegetale locale è stata sfruttata sia per schermare l'edificio dal sole che per molte delle rifiniture.
Una macchina termica a bassa tecnologia, che oltre a fondersi perfettamente con l'ambiente in cui è immersa senza stonare ottiene il risultato di mantenere fresco l'ospedale.
Un progetto esemplare del quale parliamo con grande piacere non solo per la paternità italiana ma anche per le sue finalità, quelle relative ad Emergency.