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    Elogio del legno, il più intelligente dei materiali

    Usare il legno è già di per sé un’attività intelligente“. Questa frase appartiene a Renzo Piano, e spiega perfettamente il pensiero del grande architetto italiano.

    Il concetto è stato espresso a margine della presentazione di un suo progetto, il quartiere ecosostenibile di Trento rinominato “Le Albere“. Non poteva che essere così, trattandosi di una riqualificazione ambientale dell’ex area Michelin: Piano ha proseguito spiegando che usare il legno è intelligente perché proviene da fonti rinnovabili, perché è riciclabile e perché la terra va difesa anche dagli architetti nella loro scelta dei materiali.

    Come dargli torto? Il legno, qualsiasi provenienza abbia, è il materiale più longevo e pregiato con il quale lavorare, perché stimola la fantasia, è plasmabile a piacimento, è caldo, e può essere riutilizzato quanto si vuole. Sa stimolare i sensi, spinge ad accarezzarlo ed è fonte di ispirazione per qualsiasi architetto o designer.
    Immaginate di sedervi o sdraiarvi su una panca interamente in legno: è scomoda, è dura, starete pensando!

    Non è dello stesso avviso Adam Friedman, un creativo arredatore di Los Angeles che ha ideato la Sitskie Block Bench, una panca composta da 450 listelli in quercia, uno accanto all’altro, che si muovono lentamente ed abbracciano il corpo in maniera flessuosa quasi come se fossero foam.

    L’idea, che prende il nome di The Block System, interamente realizzata a mano e che fa dolcemente affondare il corpo senza per questo far mancare il dovuto sostegno alla schiena, ed è incredibile quanto sia comoda!
    Naturalmente lo stesso sistema è stato poi applicato anche ad altri tipi di sedute e chaise longue da questa derivate, a creare una collezione unica nel suo genere che gioca con il legno e costruisce con esso delle autentiche isole di relax!

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    Architettura espansa applicata ad un hub ferroviario nei Paesi Bassi

    Se seguite il nostro blog NonSoloArredo fin dai suoi esordi, sapete già che spesso, oltre all’interior design ed all’arredamento, amiamo divagare e gettare lo sguardo anche su progetti architettonici che ci colpiscono e stuzzicano la nostra passione per il bello.

    Il progetto protagonista oggi è stato definito un esemplare di “architettura espansa“, perché intorno all’edificio simbolo della stazione ferroviaria di Arnhem in Olanda è stato interamente ripensato il concetto di viaggio, con un progetto portato a compimento da UNStudio dopo 20 anni di duro lavoro che hanno trasformato la stazione, oltre che in un hub per i trasferimenti e trasporti – Arnhem è snodo cruciale tra Belgio, Olanda e Germania – anche in una spettacolare porta di accesso alla città.
    Non si fa fatica a definire la stazione come lo scalo ferroviario più evoluto al mondo, stanti le sue caratteristiche che integrano uffici, negozi e persino un cinema multisala.

    Nel progetto voluto da UNStudio il paesaggio urbano si prolunga all’interno della stazione che per le sue caratteristiche strutturali ed architettoniche è assolutamente sorprendente, perché si configura quasi come “open space“, con una modernissima copertura in leggero acciaio che ha applicato per la prima volta all’edilizia, almeno in scala così ampia, le tecniche di costruzione navale.

    Un vero progetto chiave che collega direttamente i passeggeri con il centro città con sembianze scultoree, in cui pavimenti e soffitti giocano a rincorrersi in un edificio mai visto prima e destinato a smistare un flusso di turisti, passeggeri e pendolari previsto sulle oltre 100mila unità. Un nuovo e rivoluzionario concetto di stazione ferroviaria, che rappresenta un impulso vitale per il rinnovamento di questo tipo di strutture.

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    Architettura esemplare…e premiata

    Apporre la propria “firma” sulle proprie opere architettoniche sembra essere diventata una sorta di deprecabile moda da parte di alcuni progettisti, i quali puntano a lasciare un segno riconoscibile del proprio stile, caratteristica che secondo noi è più ascrivibile alle griffe dell’alta moda.
    Resistono però delle sacche di “responsabilità” anche tra le nuove leve dell’architettura, che preferiscono valorizzare le vere ragioni alla base di un progetto, in primo luogo la sua capacità di essere in sintonia con lo spazio circostante. Ed è un piacere quando simili personalità vengono riconosciute e premiate e sono italiane!

    È il caso dello Studio Tamassociati di Venezia, insignito del premio Aga Khan per l’architettura per l’ospedale di Khartoum in Sudan, commissionato da Emergency.
    I 3 progettisti coinvolti sono partiti da un criterio basilare, l’eco-compatibilità, ed hanno dovuto fare i conti con le risorse energetiche della zona per mettere in piedi un ospedale che fosse il più possibile autosufficiente, e che rispettasse un territorio già ampiamente disastrato.
    Tutti i materiali provengono dall’area circostante, la fibra vegetale locale è stata sfruttata sia per schermare l’edificio dal sole che per molte delle rifiniture.
    Una macchina termica a bassa tecnologia, che oltre a fondersi perfettamente con l’ambiente in cui è immersa senza stonare ottiene il risultato di mantenere fresco l’ospedale.

    Un progetto esemplare del quale parliamo con grande piacere non solo per la paternità italiana ma anche per le sue finalità, quelle relative ad Emergency.

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    Un doppio attestato di merito per iGuzzini

    L’Osservatorio Permanente del Design ADI pubblica ogni anno un volume nel quale si ritrovano le segnalazioni di tutti i migliori prodotti del design italiano, quelli che maggiormente si distinguono per innovazione e qualità della ricerca da cui sono scaturiti: il volume si chiama ADI Design Index, e nell’edizione 2013 hanno trovato spazio tra le sue pagine ben due prodotti firmati da iGuzzini, entrambi frutto della collaborazione del marchio con Renzo Piano.
    Parliamo di Primopiano Professional e di Wow, che sono ospitati rispettivamente nelle sezioni “Design per l’Abitare” e “Design per l’Ambiente” del prestigioso volume.

    L’ispirazione di Primopiano Professional è evidente: appare come un obiettivo di una macchina fotografica, ma è in realtà uno spot luminoso a LED a bassissimo consumo  e di grande flessibilità nelle possibili applicazioni, essendo pensato per le abitazioni ma riscuotendo anche un notevole consenso se sfruttato per l’illuminazione di musei o pinacoteche.
    Wow è invece pensato esplicitamente per l’illuminazione nelle strade, e si propone quindi come elemento di arredo urbano in grado di risparmi consistenti di energia, anche perché con una forte capacità di illuminamento per ogni modulo permette di installarne in numero inferiore all’usuale. Ogni singolo LED all’interno di Wow è tra l’altro programmabile, per gestirne ulteriormente i consumi, ad esempio abbassando la potenza in determinate ore della notte.

    Questi due prodotti, che con l’inclusione nel volume entrano di diritto in lizza per l’assegnazione del Compasso d’Oro 2014, vanno a confermare il costante impegno di iGuzzini verso una convivenza tra tecnologia d’avanguardia e design contemporaneo per ottenere prodotti moderni e dalle indiscusse funzionalità.
    Il tutto anche grazie alle continue collaborazioni con i più affermati lighting designer ed architetti, sempre pronti a legare il proprio nome ad un marchio di tale intraprendenza.

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    Sull’isola la fabbrica diventa polo multiculturale

    La riconversione di una vecchia zona industriale, con la conseguente riqualificazione urbana, ambientale ed anche turistica dell’Isola di Seguin sulla Senna, per 60 anni sede di una fabbrica Renault – è la grande sfida su cui si è concentrata negli ultimi anni la svizzera Nelly Wenger, specializzata in progetti di grande complessità.
    Il nome di questo progetto è R4, un polo culturale la cui inaugurazione è prevista nel 2016 è che vorrà essere una sorta di micro città dell’arte nella quale collezionisti, artisti e semplici “fruitori” del bello possano al tempo stesso godere dell’ospitalità ma anche sperimentare, stimolati da un ambiente multiculturale.

    Il progetto dell’edificio, imponente perché si svilupperà lungo tutta l’isola, prevede una modularità di base. Sarà scomponibile, quasi provvisorio, su di esso si riverbererà la fluidità delle acque della Senna che scorrono accanto e che saranno visibili da qualunque punto all’interno, perché l’architetto Jean Nouvel (di nuovo lui!) ha previsto continui giochi di vetri e trasparenze.
    L’investimento è sostanzioso ma lodevole perché il suo intento non è la generazione del profitto ma della bellezza: in una economia dell’arte autosufficiente, il processo di creazione inizierà e concluderà il suo ciclo sull’isola, evolvendosi e cambiando sempre forme nel tempo ed abolendo ogni tipo di frontiera.
    Impossibile non riconoscere nel nome dato a questo complesso un omaggio ad una celebre vettura della Renault, prodotta proprio sull’Isola di Seguin fino alla dismissione dell’area che da allora è stata abbandonata.

    La multimedialità e la polifunzionalità saranno emblemi di questa città dell’arte, che includerà oltre ad alberghi e ristoranti anche un conservatorio, case d’aste, gallerie e spazi espositivi per mostre temporanee e permanenti di arte contemporanea.

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    Un museo dedicato al Carnevale

    Gli imponenti lavori pubblici e privati in corso in Brasile, il gigante sudamericano membro del BRICS che ospiterà i Mondiali di calcio l’anno prossimo e le Olimpiadi estive nel 2016 stanno un po’ ovunque stravolgendo i panorami urbani: in tutto il paese sono previste infatti nuove infrastrutture che al di là di quelle strettamente sportive sono altrettanto indispensabili per l’ospitalità da garantire al flusso di visitatori che giungerà da ogni parte del mondo.

    Non viene trascurato neanche l’intrattenimento che esula da quello legato alle competizioni, come evidente dal Museum of Image and Sound che sta sorgendo, pur con qualche intoppo e ritardo, sulla spiaggia di Copacabana.
    L’interno di questo museo prevederà interi piani dedicati alle tipiche musiche brasiliane come bossa nova e samba, ma anche alla cosiddetta “sottocultura” delle telenovelas, il cui culto è fortemente radicato nel paese a tutti i livelli sociali.
    Qualcosa che non può mancare è ovviamente un immortale rito, quell’esplosione di luci, colori e musiche rappresentate dal carnevale brasiliano.
    L’edificio è stato progettato dallo studio Diller Scofidio + Renfro, lo stesso “responsabile” di un altro palazzo stupefacente di fronte al mare come l’Institute of Contemporary Art di Boston; in Brasile viene citato, con la maestosa facciata dominata da un motivo a zig-zag un tipo di decorazioni molto in voga nei paesi di lingua portoghese, perchè richiama la “passeggiata a mare”.

    In apertura abbiamo accennato ad alcuni ritardi, ed in effetti era previsto che il museo iniziasse a “ballare” alla fine del 2013, ma qualcosa non è andato come previsto con i costi che si sono fatti sentire.
    Gli architetti sono tuttavia fiduciosi di completare il tutto in tempo per il calcio d’inizio!

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    In edicola i protagonisti dell’architettura

    È disponibile in edicola una raccolta di volumi proposta dal Gruppo Editoriale Repubblica/l’Espresso che ha stuzzicato la nostra curiosità: L’architettura, i protagonisti è una collana di 15 volumi monografici dedicati ognuno ad un grande architetto, ciascuno con il proprio stile peculiare con il quale il mondo dove viviamo è stato reso un posto più bello.

    La prima di queste monografie è uscita in edicola il 6 settembre, dedicata a Frank O. Gehry, a cui sono seguite quelle dedicate a nomi del calibro di Libeskind, Loos o De Moura. I volumi, corredati come ovvio da un ricchissimo impianto iconografico, sono completati anche da saggi e citazioni degli stessi artisti, molti dei quali sono architetti nostrani che hanno dato lustro al Modernismo italiano e che hanno saputo fondere architettura, design ed urbanistica: un nome su tutti, quello di Franco Albini.
    Sarà davvero interessante sfogliare il volume dedicato ad Odile Decq, lo diciamo con un pizzico di “patriottismo” dal momento che si deve a lei il progetto dell’ampliamento del Museo d’Arte Contemporanea di Roma, più noto come MACRO, una delle più prestigiose strutture presenti nella Capitale incentrate sull’arte del ‘900.

    L’evoluzione degli stili dell’architettura contemporanea viene in queste monografie perfettamente inserita anche nel relativo contesto storico, ed è questo un altro dei motivi che ci ha spinto a fare spazio in redazione per poter collezionare anche questa collana accanto a quella omonima già distribuita 5 anni fa.

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    The Shard London Bridge, il capolavoro di Renzo Piano a Londra

    Sorge sulla riva Sud del Tamigi, nella zona di Southwark in prossimità del Tower Bridge, il grattacielo denominato “The Shard” (la scheggia), nuovo capolavoro architettonico del nostro grande Renzo Piano, recentemente nominato senatore a vita in riconoscimento dei suoi meriti in campo artistico.

    L’edificio è stato realizzato sulla base della precedente Southwark Tower ed è stato inaugurato nel luglio del 2012. Con un’altezza di 310 metri, rappresenta la costruzione più alta delle città europee dell’Europa occidentale.

    La moderna struttura di vetro è caratterizzata da una forma di piramide allungata e presenta 87 piani accessibili da ben 3 ascensori superveloci. Nel grattacielo si trovano uffici, negozi, ristoranti ed appartamenti di lusso e, inoltre, vi è addirittura un albergo a 5 stelle ed i piani inferiori sono collegati con la stazione ferroviaria e con il centro commerciale Hay’s Galleria.
    Dalla cima del grattacielo, invece, si gode di una vista mozzafiato e di un panorama a 360 gradi della Capitale britannica. Gli ultimi piani del palazzo rappresentano infatti una delle attrazioni turistiche più visitate di Londra nell’ultimo anno.

    L’avvenirista opera architettonica si trova nel quartiere moderno chiamato More London Riverside che ospita anche il nuovo City Hall, il municipio della città, e che costituisce una zona ideale per passeggiate piacevoli lungo il fiume e per momenti di svago grazie ai numerosi ristorantini, bar e pub che in incontrano nella zona.

    The Shard si può quindi considerare davvero come uno dei più belli grattacieli del Mondo e rappresenta sicuramente una imperdibile e suggestiva attrazione della Capitale inglese.

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    Funzionalità ed arte nella metro di Stoccolma

    Nell’arredo urbano contemporaneo una delle caratteristiche che distinguono un lavoro ben riuscito da uno scadente è la funzionalità, e se esiste un popolo che ne conosce l’applicazione dalla A alla Z è senz’altro quello scandinavo, con punte di eccellenza in Svezia.

    In una nazione dove la qualità della vita è mantenuta alta anche dalla qualità dei servizi offerti alla popolazione, non stupisce che la capitale, che non raggiunge il milione di abitanti, si sposti quotidianamente ed anche a notte fonda lungo una direttrice di ben 110 km di metropolitana, un servizio urbano del quale una volta constatata l’efficienza, appunto secondo una filosofia orientata al servizio, è stato reso anche accogliente decorando quasi ognuna delle sue 100 fermate con opere d’arte di ispirazione sia classica che contemporanea.

    Numerosi gli artisti coinvolti nella realizzazione di affreschi, mosaici ma anche di sculture per delle fermate che sono così diventate anche dei punti di ritrovo, luoghi di aggregazione stimolanti per una cittadinanza che specie nei mesi invernali preferisce ambienti al coperto per ovvi motivi di latitudine.
    Uno degli artisti coinvolti è Ulrik Samuelson, sue sono le installazioni nella centralissima fermata del Kungsträdgarden ma anche in tante altre.

    In tutte si riflette uno stile ai limiti della psichedelia, con colori accesissimi e sparati che vengono però intervallati da inserti che mescolano anche stili classici, nella ricostruzione degli ambienti che in origine si trovavano in superficie.
    Stazioni preziose che sono anche diventate meta dei turisti che visitano Stoccolma, al pari delle altre bellezze della città!

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    Jean Nouvel arricchisce Roma

    Jean Nouvel è un architetto francese noto per le sue capacità di intervento in siti da trasformare e ristrutturare senza cancellarne l’identità originaria: sono famose in Italia le officine Ferrari da lui progettate a Maranello, così come a genova il Padiglione B della Fiera.

    L’invito di Alda Fendi è stato per Jean Nouvel l’occasione per debuttare a Roma, con la ristrutturazione del Complesso del Velabro, in una zona di 5000 metri quadri con annessi palazzi Umbertini.
    Si tratta di un lavoro particolarmente impegnativo in quanto l’area insiste su importanti vestigia archeologiche, le quali saranno valorizzate e portate alla luce per essere perfettamente integrate negli spazi previsti dal progetto.
    La Fondazione Alda Fendi Esperimenti ha scelto quest’area per dedicarla all’arte contemporanea, articolando nel complesso gli atelier creativi, spazi espositivi, ed anche residenze per  gli stessi artisti, allo scopo di promuovere la ricerca artistica.
    Nouvel si è perfettamente calato nella parte, proprio con l’intento di prolungare la vita dei resti del passato proiettandola sul presente, in una composizione architettonica che prevederà l’interscambio tra le epoche, molto diverse tra loro quanto a stili, ed enfatizzando volutamente il gioco di contrasti.
    L’arte e l’architettura contemporanea andranno così a sovrapporsi al passato senza per questo fagocitarlo, il tutto in piena continuità con il pensiero del maestro il quale crede molto nella ricchezza di quanto nei secoli si è sedimentato nelle città.

    Sarà uno spazio fruibile ed aperto al “popolo”, il vero destinatario del lavoro di Nouvel secondo le sue stesse parole, che esprimono sempre il suo desiderio di mediare tra lo spazio e gli uomini.
    Si prevede che il complesso potrà vedere definitivamente la luce alla fine del 2014: Alda Fendi ha già manifestato il suo entusiasmo e la sua impazienza verso questo progetto abbastanza fuori dagli schemi.

    Questa operazione ci ricorda molto da vicino l’intervento sulla Biblioteca Hertziana di cui vi abbiamo parlato alcune settimane fa, con l’immissione di elementi architettonici moderni e contemporanei in un substrato antico da proteggere e valorizzare.

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    Richard Meier, cantore del bianco

    La coerenza nei lavori espressa da Richard Meier è una caratteristica che ha contraddistinto tutti i 50 anni di attività del suo studio, che vengono celebrati in una mostra presso la Fondazione Bisazza, nei pressi di Vicenza, in corso fino al 28 luglio.
    Meier, pur essendo nato negli USA, si è formato nel suo stile di designer ed architetto alla scuola europea, dove ha incrociato il pensiero di Le Corbusier proseguendone le ispirazioni e le tematiche, al punto da fare del bianco e della luce suoi veri tratti distintivi in tutte le installazioni, presenti in tutto il mondo e con chiari richiami ad una scuola mediterranea.

    Ne sono evidenti esempi il Getty Museum a Los Angeles o il MACBA – Museo di Arte Contemporanea di Barcellona, ma anche in Italia Meier ha diffuso la sua dialettica estrema tra l’esterno e l’interno di un edificio, come nel caso del Museo dell’Ara Pacis a Roma o del Villaggio residence a Jesolo Lido.

    La mostra è in realtà l’occasione per evidenziare il particolare legame dell’architetto con gli spazi privati e le abitazioni, perché numerosissimo ed assortito è il campionario di sue creazioni di accessori per la tavola come stoviglie, posate, vassoi.
    Tanti piccoli oggetti che testimoniano e confermano in primis la sua predilezione per il bianco e la luminosità, e la sua capacità progettuale nell’essere artista a tutto tondo, dai piccoli dettagli fino agli edifici mozzafiato.

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    L’arredo per interni che ospita la natura

     

    La biofilia è una interessante teoria secondo la quale svolgere le proprie attività quotidiane in un ambiente quanto più naturale è fonte di benefici sia emotivi che fisici. Una vita sana e completa perché vissuta a contatto con la natura è il portato di una simile teoria, che il designer David Oakey ha pienamente messo in pratica attingendo per l’ispirazione a paesaggi arborei e bucolici, fino a giungere alla collezione Urban Retreat divisa in 3 diverse varianti che portano rocce, erba e cortecce a diventare parte integrante degli spazi urbani.

    Interface è l’azienda che ha concretizzato tutte queste idee, sfruttando la sua rinomata specializzazione nelle fibre tessili più innovative: le 3 varianti di Urban Retreat, denominate semplicemente One, Two e Three, si distinguono per una sapiente combinazione di elementi classici con quelli più eccentrici, con griglie in colori neutri alternati a tinte più scintillanti.

    Tutte sono combinabili tra di loro e permettono una salutare immersione nel verde, rinforzando un legame con l’ambiente esterno che nella freneticità moderna tende ad allentarsi.

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    Alloggi cubici nel parco cittadino di Berlino

    Il progetto di un hotel all’aria aperta ha avuto bisogno di alcune autorizzazioni e di un contratto di locazione, per cui dal momento in cui 3 ragazzi tedeschi l’hanno pensato sono trascorsi alcuni anni prima di metterlo in pratica.
    Oggi lo Scube Park Columbia è una realtà, ed occupa 2800 metri quadri a Berlino, nel quartiere Neukölln.
    L’idea in realtà fa pensare più ad un campeggio, visto che non mancano i bagni comuni, una zona adibita al barbecue, e soprattutto tanto, tanto verde, oltre ad una piscina all’aperto riservata agli ospiti.

    Le similitudini però terminano qui, perché nell’area sono stati distribuiti 30 cubi in vetro e legno al cui interno si ritrovano tutti i comfort di camere d’albergo in formato mini!
    Ciascuno dei cubi è pensato per soddisfare esigenze diverse: c’è quello per il singolo, magari in viaggio d’affari, che vuole però distrarsi quando non impegnato in incontri o cene di lavoro; fino agli scubes (questo il nome degli alloggi) con più posti letto, per le famiglie o gruppi.

    Questa soluzione architettonica ci ha incuriosito un bel po’ anche perché siamo amanti del campeggio in senso stretto, e perché nel suo allestimento è stata seguita una linea di condotta molto rigorosa fatta di scelte eco-friendly per un bassissimo impatto ambientale, sia nell’approvvigionamento delle materie prime necessarie che nella loro messa in opera.
    È già in cantiere l’obiettivo di esportare questo progetto anche in altre zone della Germania.

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    La Mela si sposta verso il centro città

    Gli Apple Store diffusi in tutto il mondo possono essere definiti dei negozi fotocopia, al punto che il loro design è stato brevettato dal marchio proprio all’inizio del 2013. La loro struttura architettonica è sempre quella, riconoscibilissima, che possiamo ritrovare nel più celebre, quello della 5th Avenue di Manhattan, e che è stata via via replicata in tutto il mondo in ben 14 paesi, da Shangai a Parigi: mobili in legno, un grande tavolo rettangolare che occupa la sala, e pavimenti in pietra serena.

    Questo stesso concept arriverà alla fine del prossimo anno anche al centro di Roma, proseguendo quindi nella strategia volta a spostare gli Apple Store in Italia dai centri commerciali spesso troppo fuori mano al cuore delle città, nei centri storici, come avvenuto due anni fa a Bologna e come confermato dai lavori in corso nella Capitale in Palazzo Marignoli, in prossimità di Via del Corso, per uno store su due piani di ben 2500 metri quadrati.
    Un tratto caratteristico dell’allestimento di questi punti vendita è la necessità per gli avventori di spostare i computer per poterli usare e testare: l’intento è proprio quello di costringere a diventare consapevoli del peso e della maneggevolezza dei diversi device.
    È possibile usarli, testarli, anche stressarli, senza che nessun assillante commesso chieda se serve aiuto: il loro intervento si limita al momento in cui viene richiesta una consulenza.
    Altro tratto caratteristico di questi store è la presenza dei Genius Bar, spazi espressamente dedicati all’assistenza ed alle riparazioni.

    A Roma sembra che non sarà riprodotto il grande cubo di vetro che personalizza lo store di New York, ma siamo certi che tantissimi appassionati saranno pronti a celebrare l’evento della sua apertura mettendosi in fila già dalla notte e prendendolo d’assalto, come accaduto altrove: sta qui il segreto di un marchio che focalizza tanta attenzione da parte degli irriducibili della mela morsicata da fatturare nei suoi 400 punti vendita mondiali la bellezza di 16 miliardi di dollari l’anno.

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    A New York le cabine telefoniche del futuro

    Un pezzo di storia di New York si prepara ad andare in pensione nel 2014: 11 mila cabine telefoniche, spesso protagoniste della vita quotidiana ed anche dei film girati nella Grande Mela verranno infatti dismesse, essendo diventate obsolete nell’epoca dei cellulari e degli smartphone.
    Il sindaco Bloomberg ha così deciso di rinnovare l’arredo urbano della città indicendo un concorso volto a raccogliere proposte e soluzioni: i prototipi che la giuria ha visto recapitarsi da parte dei migliori designer statunitensi sono stati oltre 100, e difficile è stato selezionarne appena 6 da mandare poi alla sfida finale per decretare il modello scelto, svoltasi sulla pagina ufficiale Facebook del comune di NY.

    I 6 finalisti hanno primeggiato nelle categorie creatività, visual design, impatto sulla comunità, funzionalità e connettività: alla fine l’ha spuntata il NYFi progettato dalla Sage and Coombe Architects, pensato come una colonna di circa 3 metri di altezza con un gigantesco touchscreen al centro, che tra le caratteristiche si segnala per la polifunzionalità.
    NYFi non è infatti solo un semplice telefono, tra l’altro in modalità free phone, il che manda in soffitta anche il concetto di pay phone; è collegamento Wi-Fi gratuito, stazione meteorologica, distributore di biglietti della metro, mappa digitale ed altro ancora.

    Tutti i progetti finalisti in realtà hanno degli aspetti interessanti, ma quello che ha particolarmente entusiasmato Bloomberg è la possibilità di impatto zero, ovvero l’autoalimentazione grazie alla luce solare.
    I newyorkesi sono ansiosi di accogliere questa grande novità tra le loro strade, una sfida che proietta una volta di più la metropoli nel futuro!

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